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29 agosto: Kirkjugólf, Svartifoss

Gara di fuoristrada, basalto colonnare, cascate

29 Ago

La mattina di nuovo in spiaggia, per una gara di fuoristrada attorno a una collina. Facciamo base davanti a una grotta dall'ampia e alta entrata.

Io, Fabio e Maverick ce ne andiamo a guardare invece il colle, anziché girarci attorno. Un sentiero porta fino su, passando per uno sgrottamento e poi salendo ancora fin quando un cartello avvisa di stare attenti, perché la strada comincia a farsi pericolosa, il sentiero č molto esposto. Fabio, spericolato come sempre, passa con attenzione. Io controllo la strada, mi affaccio e il salto di quaranta metri che mi aspetta se metto male i piedi mi fa desistere.
Dopo la gara andiamo in auto fino alla spiaggia, un chilometro di strada.

Maurizio ci parla per radio delle rovine di una chiesa dal pavimento di basalto. Ci muoviamo quindi per cercarle. Si ricorda di una casa quasi isolata, riconoscibile da un vecchio fuoristrada color sabbia parcheggiato vicino.
Con le macchine andiamo avanti e indietro per un po', fin quando notiamo la casa col fuoristrada. Entriamo nella proprietą e chiediamo informazioni, ma della chiesa nessuna traccia.
Alla fine, dopo le smentite del tour leader (non era vero che aveva parlato di una chiesa ma soltanto del pavimento di una chiesa, peccato che tutti gli altri si ricordassero del contrario...) troviamo il sentiero che ci porta al pavimento basaltico. Il luogo si chiama Kirkjugólf (Churchfloor), quindi pavimento di chiesa.

In realtą non esiste nessun pavimento, quello č basalto colonnare di cui č visibile soltanto la sommitą, tanto che ha una forte somiglianza con un pavimento e per molti anni, infatti, la gente credette fosse il pavimento di un'antica chiesa.

Da lģ andiamo verso un'altra attrazione, i resti di un ponte distrutto dalla forza dell'acqua. In breve ci ritroviamo quasi tutti arrampicati sul metallo contorto per una foto di gruppo.

Si ritorna in auto e si prosegue verso la cascata di basalto colonnare Svartifoss (le cascate nere), passando davanti al ghiacciaio Vatnajokull.

Parcheggiate le auto prendiamo un sentiero che sale, in mezzo a vegetazione e rocce. Io e Fabio, come al solito, apriamo la strada, precedendo il gruppo di qualche metro.
La distanza aumenta poi, da bravi escursionisti quali siamo, e in breve siamo in quota, nel punto in cui le cascate di Svartifoss sono ben visibili dall'alto.

Dietro di noi, a pochi metri, vediamo il gruppo che si avvicina. Ci rimettiamo quindi in marcia, per poter raggiungere le cascate a valle e scattare foto in santa pace.
Gił ci sono altri turisti. Chi scatta foto, chi se ne sta sdraiato a prendere il sole (perché in Islanda č un ennesimo giorno di sole!). Noi ci arrampichiamo sulla china per poter riprendere meglio l'acqua che si getta dalla parete di basalto colonnare. Poi, a maniche corte perché il sole si fa sentire, ci sediamo a riposare. Sotto di noi vediamo arrivare una coppia emiliana che viaggia col nostro gruppo.

Dopo una mezz'ora cominciamo a chiederci che fine abbiano fatto gli altri. Impossibile che non siano ancora arrivati. Chiediamo alla coppia, ma non ne sanno niente. Cosģ risaliamo il sentiero e ci avviamo in quota, pensando che forse si sono diretti prima al ghiacciaio. Chiediamo perfino a un tizio, un settantino con barba bianca, se per caso ha visto un gruppo di una ventina di persone. No, non ha visto nessuno, dice. Poi mi chiede se abbiamo perso questo gruppo e io, capendo mi chiedesse invece da quale paese provenissi, gli rispondo "Italy!" E lui, un po' interdetto, mi fa "Ah, Italy"... E' sempre il solito inglese, maledizione, che mi fa fare queste figure!
Gli altri se la ridono, intanto, mentre il vecchio ci saluta e si allontana.

Niente, non ci resta che tornare gił alle macchine, dove troviamo una bella sorpresa.
Non c'č pił nessuno al parcheggio.
Maurizio ci ha lasciato ancora una volta a piedi...
E' rimasto Paolo e la sua famiglia ad aspettarci. Per fortuna. Ci stringiamo nel suo fuoristrada e raggiungiamo gli altri al campeggio.
Veniamo poi a sapere che il gruppo, stanco, ha preferito tornare gił anziché scendere e vedere quelle cascate uniche. Non abbiamo parole per commentare.

Arriviamo al campo, abbastanza ampio. Vicino l'ingresso c'č una costruzione attrezzata per poter cucinare e mangiare. C'č anche la doccia gratis, e ne approfitto.

Poi scateno un putiferio fra bambini.
Anna Maria, la figlia di Paolo, e il pił piccolo dei Bradford stanno giocando con Boromir, Olavur per intenderci...
Gira voce che lui abbia nascosto non so quale giocattolo al Bradford. Giura di no, perņ si impegna a non farci entrare nel Toyota.
Dunque č lą che ha nascosto la refurtiva. Lui ride e per me quelle risate sono una confessione scritta. Gli dico che l'indomani deve assolutamente restituire i giocattoli.
Poi dico agli altri che č stato veramente lui a nascondere quella roba e figuriamoci se loro non corrono a prendere Olavur...
Sto dentro al caldo quando arriva di corsa Anna Maria chiedendomi di nuovo spiegazioni. Pił lontano gli altri due bambini che discutono.
Giuro che non l'ho fatto apposta, quello scherzo č nato per caso e in maniera innocente. Roberta, che ha assistito, non finiva pił di ridere e, secondo me, sta ancora ridendo da qualche parte.
Nel Toyota non c'era nessun giocattolo e chissą poi come č finita la storia.

La sera cuciniamo e mangiamo al caldo. Dopo cena i trentini mettono in mostra su un tavolo un mucchio di ossa trovate in spiaggia e si divertono a ricostruire l'animale, con l'aiuto di Vincenzo, uno dei medici presenti nel gruppo.
Poi č la volta di Stefano, non il ragazzetto del Suzuki trasformato, ma un padre di famiglia, che attacca, con una tazza di birra in mano, l'inno di Mameli e ha pure voce, potenza della birra! Gli altri intonano l'inno a squarciagola, lą vicino c'č un francese e sicuramente lo fanno apposta per via dei mondiali.

Terminato l'inno me ne vado a letto, concludendo patriotticamente il nostro tredicesimo giorno in Islanda.

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