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26 agosto: nel deserto e a Reykjavik

Cherokee senza ruota, sosta a un rifugio, guado

26 Ago

Quella mattina piove. E piove per tutto il giorno, a tratti, poco, ma piove.


Siamo in auto, su una delle piste, quando arriva per radio un messaggio da Cesare.
"Ragazzi, ho perso una ruota!"
Maurizio pensa al solito scherzo e chiede spiegazioni.
Ma purtroppo è vero, al Cherokee di Cesare si è staccata una ruota. Per radio ci dicono di aver trovato uno dei bulloni e si metteranno a cercare gli altri, che in pochi minuti, rifacendo la pista a ritroso, riescono a trovare.

Si fa ora di pranzo e facciamo tappa a uno dei campeggi nel deserto. Non c'è nessuno, a parte un Gunther che fa la guardia. Il Gunther è una donna di 40/50 anni, o più, non si capisce bene, alta, magra, brutta, che ci accoglie con un sorriso guardingo.

Quel giorno fa freddo, anche, abbiamo percorso diversi chilometri in auto e abbiamo una certa premura di usare il bagno. Sento qualcuno che dice di lasciare qualcosa nella cassetta attaccata vicino alla porta, una mancia per usare quel servizio. Ho qualche centesimo nel portafoglio e decido che lascerò 2/3 monetine. Così ci mettiamo a fare la fila davanti alla porta.
E arriva Gunther.
Mi guarda sorridendo e con due dita batte sul cartellino attaccato alla cassetta dei soldi. 300 corone per usare il bagno. Quasi 4 euro, in poche parole.
Le domando: "Three hundreds?" "Yes!" mi risponde, e si allontana.

Altro che monetine! 300 corone devo sborsare! Polemizzo con quelli che stanno dietro di me a fare la fila. "Ragazzi, si è liberato un posto! Io me la trattengo!" e me ne vado. Qualcuno non lascia nulla, qualcun altro ci butta dentro delle monetine, ma Gunther è sveglio, peggio di un cane da guardia, ha preso nota di tutti quelli che hanno usato il bagno e viene da noi ad indicarli uno a uno per farsi pagare.
Poi ci spiega che è molto costoso avere un bagno in mezzo al deserto, che per svuotare il pozzo nero ci vogliono parecchi soldi. Ma a me di finanziare lo svuotamento dei pozzi neri nei deserti islandesi non va e propendo per la ritenzione idrica.

Pranziamo in quel campo e poi ci rimettiamo in pista.

Il paesaggio, sebbene il tempo sia uggioso, è sempre degno dell'Islanda: vallate immense e verdi di muschio.
Durante il cammino, accanto alla pista, notiamo dei dispositivi per consentire la verifica dell'allineamento dei satelliti geostazionari. Lo dice Maurizio, questo, e cosa voglia dire lo sa solo lui.

Poi è il momento del guado. Un brutto guado, il fiume è grosso e il letto è formato da ciottoli abbastanza grandi. Maurizio fa guadare prima Fabio, l'unico dei due KTM rimasti, che si alza sulla sella ed entra in acqua. Vedo le ruote sobbalzare vistosamente, sempre più, e penso che non potrà resistere a lungo in quella maniera.
Fabio cade in acqua, rovesciandosi sul lato destro e inzuppandosi da capo a piedi. Riesco a scattargli una bella foto ricordo, prima che entriamo anche noi in acqua col Toyota e mi sparisca dalla visuale. Guadiamo e subito Maurizio prende la lunga fettuccia da traino e corre in aiuto di Fabio. In quattro tireranno fuori la moto.
Si è perfino formato un capannello di spettatori, gente che stava già lì al guado quando siamo arrivati.
Tratta in salvo la moto, Fabio, fradicio, rimonta. E ripartiamo.

Durante il tragitto notiamo uno strano arcobaleno. Strano perché non ha la classica forma ad arco, ma dell'arcobaleno ha soltanto i colori. Il fenomeno appare all'orizzonte, sembra quasi un'aurora diurna, fasci di luce nell'aria.

Arriviamo a Reykjavik. Il campeggio è grande, ben strutturato, ottimi bagni, gratuiti per giunta.
Sistemate le nostre tende vado a farmi una doccia.
A Reykjavik terminiamo il nostro decimo giorno in Islanda.

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